Nella ricerca viene fatta un’analisi delle novità introdotte dalla Riforma del Mercato del Lavoro, ponendo l’attenzione sul contesto politico, sociale ed economico, affinché possa essere trovata una soluzione condivisa in cui la Riforma si collochi e determini un reale punto di sviluppo per il nostro Paese.
Il disegno di legge, ipotizza nell’articolo di apertura un sistema permanente di monitoraggio e valutazione delle dinamiche del mercato del lavoro.
Tuttavia, almeno per chi ricordi analoga strumentazione di valutazione e monitoraggio, contenuta nella legge Biagi, pare evidente che il principale problema del mercato del lavoro italiano non siano le (numerose) disposizioni di legge pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale né, tanto meno, la relativa fattura tecnica, quanto la loro concreta attuazione ed effettività.
Ripercorrendo l’intervento sulle tipologie contrattuali prospettato nel disegno di legge n. 3249 poco o nulla hanno poi insegnato interventi di stampo sanzionatorio. Promesse insostenibili di stabilizzazione ed eccessive restrizioni in merito all’utilizzo del lavoro a progetto e del lavoro temporaneo hanno finito paradossalmente per penalizzare non solo le imprese serie e rispettose della legge, ma anche i tanti lavoratori precari non confermati in prossimità del tetto massimo di 36 mesi, contribuendo ad alimentare l’altra grande piaga del mercato del lavoro italiano che non sono i lavori flessibili e temporanei quanto più il lavoro “nero” e l’economia sommersa. E in questa riforma decisamente alto appare il rischio che un incremento dell’apparato sanzionatorio, del costo del lavoro flessibile e della relativa burocrazia finirà per ricondurre molti lavori emersi con le leggi Treu e Biagi in territori lontani dalla stabilità contrattuale decretata per legge, alimentando il rischio di delocalizzazioni e di una imponente reazione di fuga nel sommerso.
Tante sono quindi le considerazioni che possono essere fatte analizzando il testo della Riforma del Mercato del Lavoro e comparandolo con le leggi precedenti.
Sono state quindi approfondite le varie misure introdotte e, nello specifico, quali sono state le novità di maggior rilievo o i punti di continuità rispetto al passato inseriti nell’A.S. 3249. Molte le novità in materia di ammortizzatori sociali, di riordino dei contratti di apprendistato, di disciplina dei licenziamenti, con la tanto dibattuta novella dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e il ricorso al giudice, di riordino dei contratti cosiddetti “flessibili” (quali il contratto a termine, il contratto di lavoro a progetto, il contratto a tempo determinato), dei nuovi obblighi e limiti nell’uso della Partita IVA, nonché delle nuove introduzioni in materia di pubblico impiego.
Si è in particolare sottolineata la necessità che la Riforma non commetta l’errore di ingessare in maniera insanabile il mercato del lavoro, cancellando o penalizzando fortemente istituti contrattuali ben regolamentati, che hanno contribuito ad un incremento occupazionale, quali il lavoro a chiamata, il part-time o il contratto di inserimento. Un intervento troppo stringente su questi istituti rischia invero di incidere in maniera fortemente negativa. Tutte le rappresentanze di impresa e sindacali sono preoccupate per la riduzione della flessibilità in entrata, a fronte di una maggiore flessibilità in uscita, con cui le imprese possono mettere in atto riduzioni di personale, collettive o individuali. Per cui, la riduzione della flessibilità in entrata, funzionale a sbloccare le troppe rigidità del mercato del lavoro e disincentivare la precarietà, rischia di penalizzare fortemente l’occupazione.