La ricerca della Fondazione Bruno Visentini ha esaminato il complesso di tributi e adempimenti fiscali gravanti sulle imprese, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese, al fine di fornire una valutazione complessiva dell’ordinamento tributario italiano, che ne rappresenti la sintesi in termini di complessità. Ciò attraverso:
1. l’analisi di ogni singola forma impositiva e dei relativi adempimenti, considerando tutti i tributi che possono colpire l’impresa e dunque non solo quelli cosiddetti ‘maggiori’ (IRES, IRAP, IVA), ma anche quelli ‘minori’ (dalla tassa sui rifiuti all’imposta di bollo, alle tasse sulle concessioni regionali ai tributi o tariffe sull’energia elettrica, il gas, l’acqua, ecc.);
2. la valutazione di sintesi, con un’apposita metodologia, dell’onere dei diversi adempimenti per l’impresa, basandosi sia sulla loro ‘frequenza’ che sulla complessità dell’adempimento, il ‘peso’: effettuando in particolare, per ogni singolo adempimento, una prima valutazione empirica ‘ponderata’, risultante dalla ponderazione fra ‘frequenza’ e ‘peso’, e ripetendola per ciascun tributo. Da cui è scaturita una ‘valutazione di sintesi’ per singolo tributo e, infine, una ‘valutazione ponderata complessiva’ del sistema tributario;
3. un’indagine sul campo, realizzata con la collaborazione di Piccola Industria di Confindustria, tramite la somministrazione ad alcune rappresentanze imprenditoriali di un questionario finalizzato a verificare la coerenza dei risultati emersi.
I risultati in sintesi:
- i tributi attualmente gravanti sulle imprese industriali italiane sono circa 40;
- la ‘frequenza’, che rappresenta il numero annuo di adempimenti fiscali, oscilla da 92 a 251. La variabilità è dovuta alla considerazione o meno degli adempimenti meramente eventuali;
- il ‘peso’di ogni singolo adempimento, che esprime una prima valutazione media del complesso degli adempimenti fiscali, è pari a 3 su 10 (peso in sé non oneroso, ma a renderlo tale è la sua possibile ripetizione fino a 251 volte!);
- la ‘valutazione ponderata complessiva’ dell’ordinamento tributario, ottenuta considerando congiuntamente ‘frequenza’ e ‘peso’, è pari a 8 su 10;
- il “tributo occulto”, cioè l’onere complessivo stimato sul tessuto delle PMI italiane, è di 29,1 miliardi di euro annui, dei quali 25,4 gravanti sulle micro imprese e 3,2 miliardi sulle piccole imprese.
I tributi gravanti sulle imprese risultano pertanto numerosi in quanto ai tributi cosiddetti ‘maggiori’ (IRES, IRAP e IVA) si affianca, in realtà, un complesso di ulteriori forme impositive che, benché qualificabili come ‘minori’ dal punto di vista del quantum dovuto, incidono pesantemente sul prelievo tributario complessivo. I suddetti tributi sono talvolta palesi, e dunque noti agli imprenditori (v. imposta di registro, imposta di bollo, tassa sulle concessioni governative e, più in generale, i tributi locali); in altri casi, invece, si tratta di veri e propri “balzelli” occulti (v. quelli relativi alle utenze), ma non per questo meno ricorrenti e pesanti.
Gli altri dati (‘frequenza’, ‘peso’ e ‘valutazione ponderata complessiva’) devono essere necessariamente considerati congiuntamente, insieme ad altri emersi nel corso dell’indagine.
Da ciò emerge che:
- la ‘valutazione ponderata complessiva’ si colloca su valori particolarmente elevati (8 su 10), a fronte di un’indicazione bassa del ‘peso’ (3). Il sistema tributario è, dunque, complesso. Ciò dipende dal dato, particolarmente alto, della ‘frequenza’ che può arrivare fino a 251, cioè ad un numero di adempimenti superiore alle giornate lavorative di un anno (220): 251 diviso 220 significa 1,14 adempimenti fiscali giornalieri;
- alla complessità dell’ordinamento concorrono non solo i tributi ‘maggiori’, ma anche i tributi ‘minori’, caratterizzati da una complessità mediamente ridotta (da cui deriva il ‘peso’ ridotto) ma da una numerosità che incide in misura assolutamente rilevante sulla valutazione complessiva. Per esemplificare, si potrebbe dire che da tanti tributi discendono altrettanti adempimenti e dunque, in ogni caso, una forte complessità del sistema fiscale;
- la maggior parte degli adempimenti richiesti alle imprese sono di matrice interna, e non derivano, dunque, da richieste da parte del legislatore europeo o dall’adozione di best practices internazionali;
- più di un quarto degli adempimenti richiesti per l’applicazione dei tributi ‘maggiori’ è dovuto a ragioni antielusive. L’attuale sistema è, d’altronde, un ‘sistema ibrido’, ancora prevalentemente casistico, a cui sono stati aggiunti i nuovi istituti necessari a rispondere ad un’economia globale. Significativo è il progetto di riforma, già delineato dalla legge delega dell’11 marzo 2014, n. 23, e in questi giorni in corso di attuazione, sull’elusione fiscale, ove all’introduzione di una disposizione di principio generale sull’elusione non ha fatto da contraltare l’eliminazione di tutte le numerose norme antielusive specifiche: norme casistiche con cui fino ad oggi il nostro ordinamento ha prevalentemente cercato di combattere l’elusione fiscale (v. i nuovi meccanismi di “reverse charge” interno, la fatturazione elettronica nei confronti delle PA, di cui si prospetta l’estensione anche nel settore privato, e il meccanismo dello split payment).
La dimensione delle risorse interne assorbite dagli adempimenti censiti appare ancora più significativa se rapportata alle risorse che le stesse aziende destinano ai progetti di ricerca e sviluppo (pari a circa 10,5 miliardi di euro). Se consideriamo che il “tributo” occulto gravante sulle sole imprese manifatturiere è pari a 3,8 miliardi di euro, ciò significa che se fossero liberate tali risorse sarebbe possibile incrementare l’investimento nella ricerca o comunque per la competitività, di oltre un terzo.
In conclusione, dalle analisi compiute consegue che il nostro sistema fiscale, anche analizzato dal punto di vista delle mere procedure burocratiche, appare ormai inesorabilmente superato; e che non può accettarsi che esso abbia un’evoluzione verso un sistema ibrido, in cui accanto ad un impianto risalente di tipo casistico vengono a sovrapporsi norme di principio ispirate, per la loro funzione anche internazionale, a ratio economica piuttosto che giuridica.
Prima perciò di porre mano a qualunque ipotesi di riforma va scelta (dal legislatore, ma anche dalla dottrina) l’impostazione che deve avere il sistema.
La riforma tributaria Cosciani-Visentini del 1971 ha fatto una scelta chiara e meditata per un’impostazione casistica. Se l’evoluzione della società civile ed economica non consente più di ritenere valida tale scelta, bisogna fare una scelta contraria a quella di un’impostazione del sistema per principi, anche economici là dove sia necessario.
Quello che non appare più accettabile né sostenibile è la mancanza di una scelta, che porta ad un sistema ibrido ancora infarcito di adempimenti formali e burocratici che spesso non hanno più significato (ma solo costi per le imprese), in quanto superati dall’introduzione di norme di principio.
In tale contesto, la legge delega fiscale 11 marzo 2014, n. 23 e i relativi decreti attuativi di recente approvazione, per quanto abbiano apportato alcune semplificazioni agli adempimenti fiscali, non sono riusciti ad incidere in modo strutturale sull’ordinamento tributario italiano, che rimane “complesso”.
D’altronde va ricordato che la delega fiscale è rimasta in parte incompiuta e che, in ogni caso, molte delle disposizioni di semplificazione che sono state attuate hanno riguardato i contribuenti di grandi dimensioni, con particolare riguardo ai profili di fiscalità internazionale.