Il modulo gestorio da sempre conosciuto ed applicato negli ordinamenti è l’esperimento tramite procedure ad evidenza pubblica. Unitamente a tale modalità organizzativa l’ordinamento comunitario ha riconosciuto altri due moduli, ossia il partenariato pubblico privato e l’affidamento in house.
Per quanto attiene la costituzione e conseguente affidamento di gestione di servizi a società miste la ratio dell’istituto va rinvenuta nella scelta dell’amministrazione di reperire all’esterno le competenze e le finanze necessarie ad assicurare la fornitura di beni, opere o servizi alla collettività. L’utilità, dunque, si sostanzia nella facoltà di avvalersi del patrimonio cognitivo, composto di conoscenze tecniche e scientifiche, maturato dal privato nelle singole aree strategiche di affari, onde beneficiare del relativo know-how, oltre che nella facoltà di veder alleggeriti gli oneri economico-finanziari. A ciò si aggiunge anche la possibilità che l’amministrazione si garantisce di operare sulla gestione non solo tramite un controllo esterno, ovverosia sul contratto di servizio e sul suo esatto adempimento, ma anche interno, nella propria qualità di socio.
Per quanto attiene l’istituto dell’in house providing è oramai ben noto come con tale termine si indica quella particolare modalità organizzativa che consente alle amministrazioni di concludere un contratto, nella prassi indifferentemente di appalto o di concessione, con un operatore economico senza il previo espletamento di una procedura di evidenza pubblica. L’affidamento diretto di un servizio pubblico si consente tutte le volte in cui un ente pubblico decida di affidare la gestione del servizio ad una società esterna, che tuttavia si distingua dall’ente concedente solo formalmente, presentando nella sostanza caratteristiche tali da esser qualificata come una “derivazione” dell’ente stesso. Da qui, l’espressione in house che richiama, appunto, una gestione in qualche modo riconducibile allo stesso ente affidante.