In un quadro giuridico ed economico sempre più contrassegnato dal ruolo strategico che le reti di imprese hanno nel favorire strategie di crescita sia sul piano nazionale che transnazionale, lo studio ha voluto verificare se i modelli di rete possono rappresentare strumenti di accrescimento della capacità competitiva e innovativa delle imprese e, in particolare, modelli di collaborazione per rispondere con maggiore efficienza ed efficacia a tale obiettivo nell’attuale contesto del mercato italiano ed europeo.
Più specificamente, prendendo in esame le molteplici forme di “rete di imprese”, siano queste contrattuali o organizzative, lo studio ha comparato tali modelli al fine di individuare:
(a) i vantaggi comparati dell’uno o dell’altro modello a seconda dei casi e
(b) i margini (spesso rilevanti) di autonomia per combinare caratteristiche degli uni e degli altri per meglio adattare il “disegno della rete” alle caratteristiche della collaborazione che si intenda instaurare e alle sfide che questa debba affrontare e vincere.
La ricerca – la prima di questo genere condotta in Italia – ha analizzato le prime pratiche di contratto di rete attraverso la lente dei primi 214 contratti iscritti al registro tra il 2010 e il 2011: un panorama ricchissimo di esperienze, il cui esame consente di ripercorrere alcuni degli interrogativi affrontati dagli operatori: perché fare rete, per realizzare che cosa, come? La presentazione di questi risultati della ricerca offre l’opportunità di discutere circa le potenzialità di sviluppo dei modelli di rete di imprese quali strumenti di collaborazione e di governo delle filiere d’impresa stesse, volti ad accrescere le loro capacità competitive e innovative sui mercati, sia locali che globali.
La ricerca mostra che l’intervento normativo ha risposto ad una domanda reale di strumenti per la collaborazione tra imprese. Le reti costituite si dividono in due macro gruppi: reti orizzontali e reti verticali. Il contratto di rete si aggiunge e non sostituisce gli strumenti esistenti. Costituisce uno strumento che mette al centro il progetto di cooperazione imprenditoriale. Consente di raggiungere obiettivi che le imprese singolarmente non sarebbero in grado di perseguire o potrebbero farlo a costi molto più elevati. Il contratto di rete viene usato dalle imprese per accedere a nuovi mercati, specialmente internazionali, per offrire servizi alle imprese, per svolgere attività di ricerca, per governare in modo più efficace alcuni segmenti della filiera. Opera nella manifattura, in agricoltura, nei servizi. E’ diffuso sul territorio nazionale con una prevalenza nelle regioni del centro-nord ed alcune rilevanti picchi in qualche regione meridionale. Rare ancora le reti transeuropee. Le reti costituite comprendono società di capitali, in prevalenza srl, mentre è ancora limitata la presenza di micro-imprese costituite con società di persone e ditte individuali. Presenta architetture differenziate: dalla rete bilaterale a reti estese comprensive di un numero elevato di imprese. Talvolta viene impiegato per costituire reti tra reti. Spesso formalizza rapporti pre-esistenti caratterizzati dalla frammentazione, dando luogo a collaborazioni più stabili e durature. I progetti hanno una durata media superiore ai cinque anni. Sia l’opzione per la costituzione dell’organo comune che quella per l’istituzione del fondo comune vengono sistematicamente esercitate. La governance riflette esigenze diverse. Nella maggior parte il potere decisionale è condiviso ma in una minoranza di casi viene attribuito ad una sola impresa. La patrimonializzazione della rete è relativamente ridotta, anche se in taluni casi il finanziamento è consistente. Uno strumento che rivela grandi potenzialità nella proiezione dalla attuale fase di ‘sperimentazione organizzativa’ a quella prossima di consolidamento e stabilizzazione con il prevedibile aumento di reti di ampia dimensione e di reti di reti.