Lo scorso ottobre, a Londra, Case-Crunch, start up di un gruppo di studenti della Cambridge University, ha messo in gara un software (CaseCruncher) contro un pool di 100 avvocati per valutare il rispettivo livello di attendibilità delle valutazioni legali sul probabile risultato di alcuni contenziosi davanti all’ ombudsman finanziario in materia di trasparenza di informazioni e vendita illegale di polizze offerte in abbinamento a mutui e finanziamenti. Alla fine ha vinto CaseCruncher. Il motivo? Il livello di precisione, l’analisi di elementi non strettamente legali e l’ampio margine di variabili proposte dalla valutazione dell’Ai. «Questo non significa che la macchina è migliore dell’uomo, ma che se alla macchina si pongono domande molto circostanziate il software può raggiungere livelli di accuratezza superiori agli avvocati in carne e ossa», ha dichiarato Ludwig Bull, direttore scientifico di CaseCrunch. La gara ha potuto contare su due giudici, quello “legale” e quello tecnologico, rispettivamente Felix Steffek, lecturer in law alla Cambridge University e co-direttore del Centre for Corporate and Commercial Law e Ian Dodd, direttore UK di American case prediction pioneers Premonitrice. Quest’ultimo, comparando il costo in sterline dei due sistemi, umano e digitale (Human: 62.3% a £300p/h and X hours rispetto a AI: 86.6% a £17ph and X hours) ha commentato: “E’ questa la vera linea di confine”.
Appare dunque evidente che l’Intelligenza Artificiale è ormai di fatto entrata anche nel mondo delle professioni legali.
Uno studio di McKinsey ha stimato che l’integrazione dell’intelligenza artificiale condurrebbe a una riduzione del 13% sulle ore di ufficio degli avvocati, altri report hanno alzato tale riduzione oltre il 20 per cento.
A cura dell’Avv. Simone Grassi
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