I giovani al centro della strategia di ripresa
IV Rapporto sul divario generazionale della Fondazione Bruno Visentini
Non è più tempo di analisi degli effetti del divario generazionale che penalizza i giovani (alto numero di Neet, povertà giovanile, dispersione scolastica); è tempo di rimuovere stabilmente le cause che lo hanno generato nei due decenni passati.
Il cambio di paradigma e il ripensamento strutturale delle politiche pubbliche “generazionali” – o comunque atte ad impattare sul fenomeno del divario – richiedono un impegno che sia duraturo nel tempo - secondo il Rapporto curato dai professori Luciano Monti e Fabio Marchetti – volto non tanto a calmierarne gli effetti sopra menzionati, ma a rimuoverne la rigidità del mercato del lavoro, il basso collegamento tra quest’ultimo e il mondo della scuola e gli ostacoli all’imprenditorialità, nonché a promuovere l’innovazione e lo sviluppo di nuove competenze.
Livelli di disuguaglianza generazionale senza precedenti; un’analisi delle strategie per rimuoverne strutturalmente le cause e il cambio di passo del Governo sulle politiche giovanili, nel secondo semestre 2021: sono queste le principali traiettorie emerse dal “IV Rapporto sul Divario Generazionale” della Fondazione Bruno Visentini in pubblicazione per la Luiss University Press dal titolo: “Il divario generazionale attraverso la pandemia, la ripresa e la resilienza”.
Il Rapporto è stato presentato giovedì 10 marzo, nel Campus della Luiss Guido Carli di viale Pola dove, dopo i saluti introduttivi del Rettore Andrea Prencipe e del Presidente della Fondazione Bruno Visentini Alessandro Laterza, che ha promosso l’indagine, sono intervenuti i curatori del rapporto e docenti Luiss Luciano Monti e Fabio Marchetti, per poi lasciare la parola ai rappresentanti del Governo, a partire dai messaggi inviati dal Ministro delle Politiche Giovanili Fabiana Dadone, dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Andrea Orlando e dal Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale Mara Carfagna, fino all’intervento del Capo Dipartimento del Ministero per le Politiche Giovanili Marco De Giorgi e del Consigliere economico del Ministro del Lavoro Pietro Galeone. Per le Parti Sociali sono intervenuti, a seguire, il Segretario Generale UIL Pierpaolo Bombardieri, il Segretario Confederale CGIL Giuseppe Massafra, la Segretaria Confederale CISL Daniela Fumarola e il Direttore Area Lavoro, Welfare e Capitale Umano Confindustria Pierangelo Albini.
All’interno del Rapporto, il nuovo “Indice di Divario Generazionale 3.0” (GDI – Generational Divide Index 3.0), frutto del costante aggiornamento e affinamento dello strumento di rilevazione e misurazione del divario a cura dell’Osservatorio sulle Politiche Giovanili (www.osservatoriopolitichegiovanili.it), ha mostrato livelli di diseguaglianza generazionale mai riscontrati prima.
La misurazione per il 2020 – fatto 100 il 2006 – rileva, infatti, 142 punti, ben oltre il picco registrato nel 2014 (138 punti), con un incremento sull’anno precedente (+12 punti). Questo dato conferma il fatto che le crisi sistemiche che colpiscono il nostro Paese, in questo caso la pandemia, hanno sempre un impatto generazionale asimmetrico che ricade maggiormente sulle fasce più giovani. In tal senso, è inizialmente sembrata un’occasione mancata la scelta di non inserire all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza una missione specifica per i giovani, dato che le risorse previste per le prossime generazioni rappresentano una percentuale poco significativa. Secondo l’elaborazione della Fondazione Bruno Visentini, le misure generazionali stimate ammontano a 3,97 miliardi di euro per il periodo 2021-2026, pari al 2,08% sul totale delle risorse del Recovery and Resilience Facility. Gli interventi a carattere potenzialmente generazionale hanno, invece, un’incidenza del 2,9% sulle risorse stanziate dal Piano, portando complessivamente gli interventi per i giovani nel PNRR a circa il 5%. Anche nella legge di Bilancio 2021, peraltro in continuità con quella dei governi precedenti, le misure impattanti sui giovani – secondo il Rapporto – si presentavano disarticolate e complessivamente non commisurate all’importanza della sfida, alla permanenza di un vero e proprio esercito di NEET e alla fuga del capitale umano.
Tuttavia, lo studio evidenzia come, nel secondo semestre 2021, il Governo Draghi abbia registrato un deciso cambio di passo verso la definizione di una strategia unitaria per rilanciare le prossime generazioni. L’ipotesi di sottoporre ogni nuovo provvedimento ad una indagine sul suo potenziale impatto generazionale è stata da tempo avanzata proprio dalla Fondazione Visentini: a tal proposito il Ministro per le Politiche Giovanili Fabiana Dadone, ha istituito il Comitato per la valutazione dell’impatto generazionale delle politiche pubbliche (COVIGE). Le attività di questo organo riguardano anche le riforme, i progetti previsti nel PNRR e le misure del Piano nazionale per gli investimenti ad esso complementare, con un impatto diretto o potenziale sui giovani.
Il tavolo per la definizione del Patto per l’occupazione giovanile, promosso dal Ministro Andrea Orlando, altra misura cardine per la definizione di una strategia unitaria volta ad accompagnare i giovani nel mondo del lavoro, rappresenta pertanto l’occasione attesa per affrontare per la prima volta, in maniera integrata e con una visione di lungo respiro, il problema della disoccupazione giovanile in Italia, con i suoi impatti sociali, le differenze di genere e di distribuzione territoriale. Questo tavolo – secondo il Rapporto – permetterà di formulare proposte di policy da adottare nel breve, medio e lungo termine per conseguire gli Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, e in particolare il Goal 8 “Lavoro dignitoso e crescita economica”, oltre che i Target 8.6 e 8.b.
Infine, le opportunità del PNRR riservate al Mezzogiorno e l’Accordo di partenariato che il Ministro Mara Carfagna sta negoziando con Bruxelles potranno costituire la base per una prima politica giovanile integrata che metta a sistema tutte le ingenti e straordinarie risorse messe a disposizione dall’Unione Europea e dal Governo senza dimenticare, l’ampiezza dello “spread generazionale” nel Sud Italia, già denunciato nel Rapporto 2019.